7/11/2015 San Martino – Giants Marghera (Campretto)
 
Incontro che immediatamente dall’inizio, e non è una maledizione, affossa anche gli animi volenterosi e disponibili a cogliere il lato positivo della vita: 3 a 30. Lunga pausa di silenzio… andiamo avanti: Marghera è una buona squadra, molto organizzata e tecnicamente preparata; noi troppi pasticci. Le lupe riescono a bloccare gli interventi di gioco delle avversarie, ricchi di punti da qualsiasi lato del campo il tiro si effettuasse, con una difesa più aggressiva e contropiedi più veloci. Nonostante ciò il divario enorme permane, per giungere ad un 26 a 89 per il Giants.
 
Il resoconto è breve, ma quello che succede nelle persone in questi momenti, è intenso e non trascurabile. Prendiamo il punto di vista di chi assiste a qualcosa che veramente è andato male, un po’ come quelle situazioni della vita in cui sappiamo di persone che hanno qualcosa di grave. In questo caso a mio avviso due possono essere le reazioni:
 
1) La ricerca del colpevole: di chi è la colpa di questa cosa terribile che è successa? Solitamente, e se ognuno legge con verità il proprio animo si ritrova ad averlo pensato, la colpa è del più debole: quello che ha sbagliato i canestri, quello che corre troppo piano, quello che in campo non è abbastanza “sveglio”… La colpa è delle persone più fragili: è un modo per distanziarsi dalla possibilità di vivere le cose che non funzionano, cercando di metterci dentro invece, ancora di più, quelle persone che sono in difficoltà e che magari si impegnano per superarle. E’ come schiacciare sott’acqua la testa di una persona che fa fatica ad emergere dal mare. Gesto inaccettabile per la sua mostruosità, ma trovarsi dentro alle “rogne” è scomodo, è pesante, mi costringe a confrontarmi con tutti i miei fallimenti e con tutti quei sentimenti negativi che spesso non vogliamo, perché dobbiamo vivere bene, leggeri!
 
2) A mano a mano che le cose peggiorano definitivamente, (va sempre peggio, la situazione è irreparabile), l’altra reazione è il silenzio, il ritiro, il ti tolgo il mio appoggio. Il silenzio è non dire più niente, è squalificante, perché non approva, né disapprova. Quindi lasciare delle persone abbattute per quello che vedono succedere, nel silenzio, è lasciarle sole nella loro sconfitta, nella loro “brodaglia”; se è così, diventa però più faticoso rialzarsi. Quasi mai, nonostante le sconfitte il palazzetto di San Martino, dopo una partita dell’A1, è silenzioso: l’esaltazione? Il sostegno dato a quelli bravi è più facile? Si riprenderanno!?… A loro il giusto tributo, visto che si tratta di un’altra elite. Del resto però sono i giovani che hanno bisogno delle nostre parole, dei nostri dialoghi, dei nostri incoraggiamenti, del nostro esserci soprattutto quando le cose vanno male, anche molto male, del nostro coraggio di “sporcarsi le mani” e sostenerli, anche se le cose sono brutte e ci creano disagio.
 
Care ragazze do voce a quel silenzio chiedendo scusa se noi adulti non sappiamo fare ciò, sapendo che le scuse non giustificano l’inadempienza: quindi la prossima volta sostegno fino alla fine e il silenzio di riflessione per dopo. Buona ripresa.

Doriana Pilotto